|
Dare il tempo alle cose, è sempre stato un cruccio della mia esistenza.
Giorno dopo giorno, ho concorso in una maratona moderna,
resistenza sensoriale atipica ed ultrasonica,
strozzato ed infilato in una sfilza di input mentali.
Orari eccessivi, compromessi costipanti,
agglomerati amichevoli impastati l'uno con l'altro:
tutti forzanti ma nessuno necessario.
Stimolato e castigato, da quella sensazione comune e debilitante che
ogni mia attività portasse via tempo ad un'altra più importante;
come se ogni azione apparisse superflua per essere vissuta così com'era,
come se sul gran finale a tradimento,
disattivando la luce artificiale con cui mi aveva abbagliato,
ognuna si rivelasse naturale:
inopportuna e non abbastanza appagante.
La mia mente elabora e si scopre, libera di agire in acque chete,
come se il turbine smanioso di inseguire un stella troppo veloce si fosse inceppato.
Salvo poi comprendere, sul limite della pazzia che, dentro di me non ci sono state né ritirate né rinunce,
viaggio in poltrona con le batterie in ricarica trainato dalla stella stessa.
Vuoto, disorientato e felice.
Questo può avere una logica?
La mia mente, adesso sgombra di pensieri, si trova talmente in quiete
che si allarma per la troppa tranquillità.
Quei neuroni da sempre nauseati dalla trappole degli impegni,
loro conformi all'arte di correre lontano,
costretti a farlo sempre più forte pur di non fermarsi,
danno di matto, impazziscono quasi, quanto è assurda questa incapacità di spiegare.
Dislocamento temporale!
Come se fossi, estraneo e non riuscissi ad adattarmi, allo stato in cui mi sento.
Eppure sarà che per una volta quella parte di me è in pace con se stessa,
e l'orologio entropico si è fermato,
ed è proprio come in quel film: io sto bene se sono con te,
basta questo a dar senso a tutto il resto.
In quanto a correre, c'è sempre tempo, domani è un altro giorno.
|